la tecnica per non finire
28 Settembre 2023
etica del finito
28 Settembre 2023

accettare di finire

Sentiero Italia (variante): da Laceno (40.80308, 15.11463) a Senerchia (40.74236, 15.20389)

Lunghezza del percorso km 27,5; guadagno/perdita in elevazione +850/ -1.357 metri; quota massima 1.297 metri, quota minima 452 metri.

Pernotto: B&B De Vita (347 102 3564). Cena: ristorante pizzeria Solo cose belle (391 480 7909)

Centri attraversati: Calabritto

23 settembre. Tutto ciò che nasce è destinato a perire, senza alcuna prospettiva di salvezza.  La finitudine accomuna tutti gli esseri viventi. Tutto è sotto il suo segno; anche la Terra, Il Sole, la Galassia, l’Universo. L’uomo, a differenza di tutto ciò che esiste, è l’unico ad averne consapevolezza.

La consapevolezza di essere finito, quindi, pervade i suoi pensieri, emozioni, sentimenti, sensazioni, ovvero tutto ciò che contribuisce a formare la sua visione del mondo, la quale influenza, poi, il suo agire.

Poiché sono il pensiero e l’azione che ci costituiscono come esseri umani, credo che si possa affermare che è la consapevolezza della finitudine a renderci esseri umani. Ed allora è forse sbagliato sostenere che per non tradire la nostra umanità non dobbiamo rigettare la finitudine, ma assumerla?

E’ a partire da questa assunzione – consapevolezza della contingente e finitezza della vita – che la vita diventa un valore assoluto: quel tempo breve dell’unica vita che abbiamo, quegli attimi irripetibili che la compongono, devono essere vissuti tutti intensamente proprio perché siamo consapevoli della loro finitezza. Ogni attimo di vita – al di là se è gioioso o doloroso – per la sua unicità deve essere sentito come il bene più grande che possediamo.

Da queste considerazioni dovrebbe discendere l’imperativo etico secondo cui nessun fine potrà mai giustificare come suo mezzo la rescissione di quell’unico filo – ovvero togliere la vita – che la contingenza della natura ha tessuto per ogni uomo.

Parafrasando l’immagine della canna pensante di Pascal con cui il filosofo rappresentava la grandezza di quest’essere debole come un giunco ma capace di riflettere sulla sua condizione, credo che si possa affermare che la grandezza dell’uomo provenga proprio dal fatto che siamo in grado di comprendere la nostra finitudine. Ed allora al posto di crearci illusioni in grado di distoglierci dalla nostra condizione reale, immaginando extramondi imperituri, infiniti, eterni, concentriamoci su quest’unica vita cercando di viverla appieno e gioiosamente in ogni suo attimo.

Perché “ciò che non finisce mai” dovrebbe avere più valore di ciò che è destinato a finire? Perché nel giudizio sulle cose  la “quantità” dovrebbe essere un valore che sovrasta tutti gli altri? Perché il valore deve essere colto nella lunghezza della durata e non nella sua intensità?

L’assunzione della  consapevolezza  della finitudine distoglie lo sguardo da un improbabile futuro di eternità e lo concentra sul presente, sulle forme individuali ed uniche che lo abitano, sugli attimi irripetibili che lo compongono,  sulle gioie delle occasioni singolari. Questo atteggiamento ha un evidente risvolto politico perché l’attenzione volta alla concretezza degli accadimenti, alimenta il desiderio di trasformazione del reale.

(finitudine 4 – continua)

Da Laceno si imbocca la Via dei Prati che procede con morbidi saliscendi per i primi 5/6 km e successivamente in discesa, tra splendide faggete ed ampi pianori. Al bivio per Acerno si prende la direzione per Calabritto. Si cammina sempre in discesa nel bosco fino all’ingresso nel centro abitato. Di qui si prende una piccola asfaltata quasi per nulla trafficata ai piedi della montagna (Via Piedelmonte) che conduce fino a Senerchia.

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