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pastori filosofi

Tratturo Regio Castel di Sangro – Lucera: da Toro (41.57071, 14.76610) a Pietracatella (41.58107, 14.87253)

Lunghezza del percorso km 14; guadagno/perdita in elevazione 535 / – 485 metri; quota massima: 680 metri, quota minima 310 metri.

Pernotto: B&B Il Portale (389 195 6117)

19 ottobre. Il tracciato tratturale abbandonato ieri per raggiungere Toro, viene riguadagnato nella discesa dal borgo dopo circa 2 km giungendo nella valle del Tappino. In effetti il Tratturo camminava in prossimità del torrente ed ora della trafficata arteria statale che collega Puglia e Molise.

Lo percorro per circa 2,5 km cercando d’intravedere nel paesaggio odierno ciò che resta dell’antica fascia tratturale. In effetti ci sono dei piccoli pezzi, liberi dalla vegetazione, che rievocano il vecchio tratturo, ma per il resto è abbastanza difficile immaginarlo.

In prossimità della confluenza col torrente Fiumarello, abbandono l’originario percorso tratturale e devio verso nord su una asfaltata che percorro per circa 2 km prima di svoltare su una pista brecciata e poi sterrata che mi condurrà fino a Pietracatella.

Ci sono degli ingredienti nella vita del pastore che lo predispongono ad essere filosofo, ovvero non semplicemente a vivere la vita, ma a viverla pensandola. La solitudine che connota le sue giornate e la lentezza dei tempi della natura e degli animali, mettono il pastore nella condizione di sottoporre continuamente la sua esistenza al pensiero. La ripetitività della sua giornata lo aiuta ad entrare in profondità nei meandri del suo vivere, un po’ come facevano i monaci con la tecnica della ruminatio, rimuginare affinchè il pensiero penetri nella vita e la vita nel pensiero.

Aprire il recinto appena il sole ha asciugato l’erba, mettersi alla stretta in modo che passino uno alla volta, afferrare una zampa di dietro, cercare i capezzoli dove manca la lana, dove la pelle è come un velluto, mungere, contarle e guardarle bene mentre si avviano; fischiare ai cani perchè stiano vicini; quando l’ultima è uscita dire il numero a quell’altro che sta nel recinto; incamminarsi dalla parte opposta a quella dove hanno pascolato ieri. Camminare piano, con la mazza di ornello cui appoggiarsi quando l’erba buona di una chiazza le fa fermare; camminare con la tasca di tela a tracolla, dove sta la fiaschetta piena d’acqua, il pane scuro, un pezzo di cacio salato o di salsiccia col pepe. Il coltello a serramanico per tagliare queste cose appeso alla catenina, che esce dalla tasca del calzone; in quella interna della giacca il portafoglio unto e scucito contiene le carte, il denaro, l’immagine della Madonna di Canneto. Camminare piano, ogni tanto sostare, sedersi, aspettare e poi avviarsi di nuovo controllando le pecore una per una. Camminare e pensare. Il sole si alza sempre più, le ombre si fanno corte, le pecore si fermano, si ammandrano col muso a terra e le più impesantite si accucciano. Anch’egli, il pastore, sceglie il punto per la sosta e mangia in silenzio. Mangiare e pensare. ” (da F. Ciampitti, Il Tratturo)

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