ciò che nessuno orecchio percepì, che gli occhi non videro è tuttavia il bello!
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piacere negativo
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ci conosciamo con i piedi

Sentiero Italia: da Orsara di Puglia (gps 41.278167, 15.264195) ad Accadia (gps 41.157976, 15.325091)

Lunghezza del percorso km 29; guadagno/perdita in elevazione 1.773 / – 1.757 metri; quota massima: 1.101 metri, quota minima 401 metri.

Centri attraversati: Orsara di Puglia, Montaguto, Panni, Accadia.

Cena ad Accadia: Il Melograno (333 881 2600). Pernotto: B&B Antoinette (337 140 7673).

22 giugno. Dopo cinque anni riprendo a camminare da solo. Per questo nuovo inizio ho scelto un cammino meridionale, alcune tappe del Sentiero Italia tra Puglia e Basilicata.

Parto da una località alle porte di Orsara dal nome benaugurante (Piano del Paradiso) che dirige i miei pensieri verso la luce, lo spirito, la leggerezza, quelle categorie che la tradizione ha sempre associato all’empireo celeste. E così, anche con un tempo grigio e freddo e qualche scroscio di pioggia, questi pensieri mi danno una spinta di entusiasmo per il cammino che inizia.

Ma già dopo un paio di km, complici le ripide salite, pioggia e vento freddo, l’età che avanza e non ultimi gli eccessi della quarantena causa Covid a base di pizze e pasta di casa, i miei pensieri, dallo spirito del paradiso, dirottano verso la materia e la gravità del corpo. La mente vorrebbe librarsi verso le altezze, mentre il corpo ci riporta sulla terra ricordandoci lo spirito di gravità, e produce quei “pensieri concreti”, indubbiamente più fondati e veri dei pensieri astratti.

Thoreau, importante filosofo americano dell’ Ottocento, sosteneva che il camminare dava l’opportunità di coltivare i pensieri più profondi riguardanti la propria interiorità. Il camminatore, affermava, è un esperto di “cosmografia interiore”. Camminare pensando e pensare camminando, solo con questa costante relazione biunivoca il pensiero è reale.

Ma camminare, oltre ad avere una dimensione di piacevolezza, è anche sudore, fatica, spossatezza. I cammini “maleducati” con frequenti e ripide salite, soggetti alla violenza degli elementi naturali (il sole martellante, la pioggia violenta, il vento freddo …) ci distolgono dal viaggio interiore? I pensieri prodotti a partire da queste condizioni sono autentici? O sarebbe meglio un cammino “educato” (sentieri in piano, ben indicati, clima ottimale …) per favorire la nostra cosmografia interiore? Non sarebbe, forse, una conoscenza di noi stessi a buon prezzo e non rivelativa di quello che siamo? Forse è solo la conoscenza della nostra “maschera”, di quello, cioè, che vorremmo essere!

Hegel ci ricorda che ogni acquisizione vera deve passare per il “travaglio del negativo”. Vale a dire, assumere la contraddizione negando la negazione tra gli elementi e mantenendo solo ciò che li rende coerenti. Così è indubbiamente una conoscenza a caro prezzo, ma veritiera.

Mi frullavano questi pensieri procedendo verso Montaguto. La pesantezza del corpo come filtro di una conoscenza autentica di noi stessi. Una pesantezza che non va addolcita con ideali. Un po’ come fa il vero camminatore che allo stremo delle forze più che gratificarsi col pensiero della meta da raggiungere, si concentra sul singolo passo a cui seguirà un altro, tanto prima o poi la meta sarà raggiunta. Lo sguardo è concentrato sull’attimo senza concessioni ad ideali futuri. Si abbatte l’ansia, il desiderio di velocità, il delirio di onnipotenza.

Durante la noiosa – perchè su asfalto – salita verso Panni, rifletto su come la pesantezza del corpo influisca sulla nostra percezione del tempo e dello spazio: il tempo non passa, lo spazio non si percorre. Sembra che il divenire rallenti la sua azione aiutandoci a maturare una sensazione di attaccamento, stabilità alla terra.

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