Cammino Basiliano: da Civita (39.82747, 16.31388) a Cassano allo Jonio (39.78598, 16.31720)
Lunghezza del percorso km 11; guadagno/perdita in elevazione +365/ -620 metri; quota massima 480 metri, quota minima 160 metri.
Pernotto: B&B Ejano (320 633 4599). Cena: Trattoria Anno Zero (327 663 1024)
17 ottobre
(A.) Nella tappa di oggi arriveremo a Cassano allo Jonio che è stata meta di immigrazione di monaci basiliani fuggiti dall’Oriente per le persecuzioni causate della lotta iconoclasta dell’VIII secolo. Lungo la valle dell’Ejano sembra che ci siano tante grotte in cui questi monaci si sono rifugiati per continuare a venerare le immagini sacre.
(R.) Quando penso a questi eventi, mi meraviglio come l’adesione ad una fede o generalmente delle scelte spirituali, abbiano potuto provocare nel passato reazioni politiche così violente da costringere, addirittura, all’emigrazione. A quel tempo e in quelle società la fede doveva davvero svolgere un ruolo importante!
(M.) Quando la fede ha un utilizzo politico, è normale che venga coinvolta nei giochi di potere.
(R.) Vedo una grande distanza tra questo modo di trattare la fede e ciò che io penso sia la fede: per me la fede è un fatto essenzialmente spirituale che riguarda il mio rapporto con Dio. E pertanto parole come discriminazioni, persecuzioni, guerre in nome della fede sono un controsenso.
(M.) Quando la fede fa riferimento ad una realtà extramondana – Dio che abita i cieli – è facile che chi se ne appropria possa vantare una superiorità sugli altri proprio perché la fonte del suo credere non è umana, ma sovraumana. Ci si sente dalla parte della verità ed ovviamente chi non la pensa alla stessa maniera è dalla parte del torto. Si ragiona così: “poiché questi sbagliano, tutto è lecito nei loro confronti pur di distoglierli dall’errore, anche l’uso della violenza”. La storia è piena di guerre di religione!
(A.) Assistiamo, davvero, a spettacoli paradossali quando vediamo aderenti alla stessa fede religiosa, alla fede nell’esistenza dello stesso Dio, farsi la guerra tra loro. Come si conciliano queste pratiche con l’idea che Dio è amore?
(M.) E’ vero che gli esponenti di una fede religiosa pensano che l’amore per Dio debba tradursi in amore per gli uomini, però c’è da dire che sono vittime di un complesso di superiorità nei riguardi di chi non condivide la loro fede; è come se si sentissero dalla parte del giusto. Quelli più rozzi non disdegnano di usare violenza in nome della loro presunta superiorità, altri – molti per fortuna – si accontentano della semplice convinzione di superiorità.
(R.) Quindi il problema è nel modo “religioso” di intendere la fede?
(M.) Credo di sì. La fede è una disposizione umana all’abbandono, all’affidamento che va oltre la normale razionalità, una sorta di razionalità alogica. La viviamo costantemente nella nostra vita: come sarebbe possibile vivere un rapporto d’amore senza affidarsi? come sarebbe possibile continuare a vivere in un mondo segnato da ingiustizie, disperazione, violenze, senza avere una fede? Sto parlando di una fede che non ha come riferimento una realtà extramondana (Dio) per alimentarsi, ma di una fede che si gioca tutta nell’immanenza di questo mondo.
(A) Una fede immanente? Mi fai venire a mente ciò che ho visto nel mio viaggio in India. Un Paese contraddittorio dove le vite ordinarie si svolgono con la presenza costante della povertà e della morte e dove ho toccato con mano una grande spiritualità che si esprimeva in una fede orizzontale anche se abbastanza chiusa nell’intimismo, una fede che stenta a promuovere cambiamenti sociali e politici.
(M.) Io credo in una fede filosofica che come insegna il termine ama senza voler possedere. E’ una fede che si sottrae alla volontà di afferrare e definire, accetta l’oscurità, è capace di cogliere la presenza nell’assenza. Non avendo l’istinto del possesso, non solidifica l’essere isolandolo nell’immanenza o separandolo in una trascendenza oltremondana, ma mantiene la polarità tra i due termini e pertanto il suo spazio è quello della trascendenza immanente.
(R.) Non è una contraddizione parlare di trascendenza immanente? Non sono termini opposti?
(M.) In un’ottica religiosa sì, ma in un’ottica umana, no. La grandezza di questa fede per cui la sentiamo umana è la sua problematicità perché sfugge ad ogni definizione che pretende di chiarire ed esaurire tutti i sensi della realtà. E’ una fede rischiosa perché non cedendo alla sicurezza della solidificazione, rimane aperta ad ogni prospettiva e quindi anche all’insuccesso. La fede filosofica essendo consapevole della singolarità e non universalità delle sue verità, non assolutizza la propria posizione, mantenendo, così, l’apertura del dialogo.
(A.) Quindi una fede che non adotterà mai la violenza pur di affermare le sue posizioni?
(M.) Proprio così. Infatti le sue verità non sono escludenti come avviene nella lotta, ma includenti come è nella comunicazione. Insomma è diversa dalla fede religiosa che separa immanenza dalla trascendenza e pretende di conoscere, essa sola, contenuti che ricadono nel lontano orizzonte di una trascendenza oltremondana. La fede filosofica, invece, è consapevole della debolezza della sua verità che non ha alcuna pretesa di imporre universalmente, a differenza di una fede religiosa.
(precedente – dal Pollino alla Sila 3 – continua)
Dopo circa un km dall’uscita dal centro di Civita, si imbocca a sinistra un sentiero che scende sul corso del Raganello. Si cammina sull’argine del torrente per 1,5 km: ad un certo punto il piccolo sentiero è franato e quindi bisogna camminare sull’argine opposto guadando il torrente; si ritorna poi sull’altro versante riguadandolo; il procedere è reso difficoltoso da frequenti tratti con acquitrini. Si risale e si imbocca la SP 263 di Castrovillari su cui si cammina per 2 km fino a prendere un sentiero sterrato che raggiunge un’altra asfaltata. Dopo avervi percorso 4 km si imbocca sulla destra un sentiero che conduce a Cassano allo Jonio.