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paura di finire

Sentiero Italia: da Montevergine (40.93544, 14.72877) a Contrada (40.86752, 14.77506)

Lunghezza del percorso km 20; guadagno/perdita in elevazione +826/ -1.763 metri; quota massima 1.363 metri, quota minima 385 metri.

Pernotto e cena: Foresteria del Monastero di Montevergine (0825 72924); Agriturismo Tenuta Montelaura di Forino (347 755 5507)

Centri attraversati: Mercogliano, Alvanella.

20 settembre. Siamo spaventati dalla morte perché è l’annientamento di tutto ciò che coincide con la vita: dal godimento dei sensi come guardare la bellezza, assaporare il cibo, ascoltare una sinfonia, toccare un corpo, sentire i profumi della natura, all’esercizio del pensiero, alla relazione con chi amiamo. Siamo spaventati perché il destino di morte è inesorabile, non si scappa; la vita dell’individuo ha  un tempo finito, un tempo che può diventare ancora più corto per un incidente o per una malattia.

Non solo gli umani, ma ogni animale della natura che vive è destinato a perire; ogni determinazione della vita ha il tempo segnato: appare, vive per un tempo più o meno lungo, scompare. La brevità della vita sconvolge, il suo pensiero inquieta ancor più quando si pensa alle sole ventiquattrore di vita di un efemerottero, o ai pochi giorni di una mosca, di una farfalla, di un ape.

Con le piante il tempo di vita sembra allungarsi: quell’albero rimane lì per secoli anche se, periodicamente, la morte lo investe facendolo risvegliare nella stagione successiva; ma prima o poi anche quell’albero finirà. Forse le montagne, il mare, il sole, la luna riescono a comunicarci quel senso di eternità che invece la precarietà delle vite determinate ci nasconde.

Nella Natura sembra che la vita continui il suo flusso anche se le sue determinazioni individuali (un animale, una pianta) finiscono. Funziona una strana legge: la vita deve distruggere per continuare a vivere; la morte è la condizione perché la vita possa continuare a produrre le sue determinazioni. Ciò che dura è l’eterno ciclo morte/vita: nella natura la morte sembra solo apparenza perché nessuna morte riesce a fermare l’incontenibile movimento della vita.

Eppure anche questo movimento della vita che pervade la Natura e che sembra avere il segno dell’eternità, è destinato a finire. Le prime forme di vita sono apparse sulla Terra 3 miliardi e mezzo di anni fa, erano batteri e virus. Probabilmente tra un miliardo di anni sarà destinata a scomparire ogni forma di vita – e quindi anche noi – perché il Sole (da cui dipende ogni forma di vita) diventerà più caldo del dieci per cento rendendo impossibile la vita sulla Terra.

Stesso destino toccherà anche al Sole che probabilmente si spegnerà ed esploderà tra cinque miliardi di anni. Destino da cui non si svincolerà la nostra Galassia che si scompaginerà arrendendosi al caos termodinamico. Sorte che, in un futuro inconcepibile, toccherà allo stesso Universo.

Ma questi tempi sono così lunghi da confonderli con l’eternità. E così ci immaginiamo un movimento eterno in cui la Natura accoglie in sé ogni determinazione – prodotta dalla vita – che è destinata ad una trasformazione continua oltre ogni morte. Avvertiamo nella realtà della Natura la coesistenza dell’eternità del movimento morte-vita – come lucidamente Lucrezio ci ricorda: “la natura ricrea una cosa dall’altra / ogni cosa nasce dalla morte di un’altra” – con la limitatezza della vita individuale.

L’uomo è l’unico individuo che ha il “sapere della morte”, solo lui ha la consapevolezza della sua precarietà sulla terra. L’amor sui lo spinge a conservarsi ed espandersi per respingere la morte. Questa spinta è potente ed insaziabile, tende ad eccedere gli equilibri che regolano la Natura. Per quanto consapevoli della morte, gli uomini restano attaccati alla vita facendo dell’esistenza una lotta continua, che paradossalmente diventa un’oscillazione tra il desiderio d’eternità e la consapevolezza della vanità del tutto.

(finitudine 1 – continua)

Dal Monastero di Montevergine si prende il sentiero gradinato che scende verso la piana di Avellino raggiungendola dopo 4 km e con 900 metri di dislivello. Superato il centro di Mercogliano in prossimità dell’Acqua del Pero si procede seguendo un sentiero tra castagneti e noccioleti che conduce ad una strada asfaltata attraverso cui si guadagna il fondovalle. Si oltrepassa l’abitato di Alvanella e si punta verso il fiume Fenestrelle. Dopo circa un km si imbocca un sentiero a sinistra verso il monte Faliesi. Il sentiero sale tra noccioleti; in prossimità di una rete metallica si devia verso destra imboccando un sentiero nel bosco in costante salita, ben segnato, fino alla cappella di San Michele. Di qui si scende verso l’abitato di Contrada sempre per sentieri ben indicati.

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